Il primo settembre 2014, la Corte d’appello di Gedda ha confermato la condanna del blogger saudita Raif Badawi a 10 anni di prigione, 1000 frustate e una multa di 1.000.000 di rial sauditi (circa 196.000 euro), per aver creato e amministrato il sito Saudi Arabian Liberals e aver insultato l’Islam.
Raif Badawi è dunque un prigioniero di coscienza.
Queste condanne sono state confermate dalla Corte suprema il 6 giugno 2015, segnando un giorno nero per la libertà di informazione in Arabia Saudita. Secondo il provvedimento definitivo, Raif Badawi riceverà 50 frustate per sessione, con una pausa di non meno di una settimana tra le sessioni. Secondo Amnesty International tale pena è contraria al diritto internazionale dei diritti umani e la Sezione italiana è qui a chiedere al Governo italiano di attivarsi affinché la sentenza citata venga annullata.
La fustigazione viola il divieto assoluto di tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti previsti del diritto internazionale.
L’unica colpa di Raif è di essere fondatore di “Free Saudi Liberals”, un forum ideato per discutere del ruolo della religione in Arabia Saudita. Già nel 2008 era stato arrestato per apostasia e rilasciato pochi giorni dopo. In quella occasione, il governo gli aveva proibito di lasciare il paese e nel 2009 aveva congelato i suoi conti bancari. Il 17 giugno 2012 è stato nuovamente arrestato, con la stessa accusa, perché nei suoi articoli aveva criticato figure religiose. Il 17 dicembre 2012, il tribunale distrettuale di Gedda aveva rinviato la causa alla Corte di appello di Gedda, raccomandando che Raif fosse processato per reato di “apostasia”. Il 29 luglio 2013, il tribunale penale di Gedda ha condannato Raif a sette anni di carcere e 600 frustate per aver violato le norme del diritto informatico e aver insultato le autorità religiose fondando e gestendo il forum online “Free Saudi Liberals”. Egli è stato inoltre condannato per aver infamato simboli religiosi pubblicando post su Twitter e Facebook, e per aver criticato la Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio (conosciuta anche come la polizia religiosa) e i funzionari che avevano sostenuto il divieto di includere le donne nel Consiglio della Shura.
Contestualmente alla condanna, il giudice ha disposto la chiusura del forum online. Dal 17 giugno 2012, Raif Badawi è dunque detenuto nel carcere di Briman, a Gedda. Il processo a suo carico, in base alle evidenze raccolte da Amnesty International, è stato viziato da irregolarità. Per impedire che la pena venga eseguita e per chiedere alle autorità competenti di annullare la sentenza, ho deciso di sottoscrivere la seguente lettera redatta da Amnesty International e indirizzata all’Ambasciata dell’Arabia Saudita a Roma.
Eccellenza,
siamo venuti a conoscenza, con grande preoccupazione, della conferma da parte della Corte suprema saudita, lo scorso 6 giugno 2015, della condanna nei confronti di Raif Badawi a 10 anni di carcere e a 1000 frustate. Come Lei sa, Amnesty International si occupa di questo caso sin dal giorno del suo arresto, nel 2012. È nostra convinzione che Raif Badawi abbia esercitato il suo diritto alla libertà di espressione, pubblicando su Internet opinioni e commenti che non abbiano causato danno alla reputazione del Regno né alla religione professata dalla popolazione. La moglie e i tre figli di Raif Badawi – attualmente in Canada – aspettano di poterlo riabbracciare. Nel sacro mese di Ramadan, dedicato alla preghiera e alla compassione, vogliamo rivolgere un appello al senso di umanità e alla saggezza di Sua Maestà Salman bin Abdel Aziz Al Saud, affinché Egli prenda la decisione di rilasciare Raif Badawi. Le centinaia di migliaia di persone che, nel mondo, hanno preso a cuore il destino di Raif Badawi sarebbero profondamente colpite da un gesto del genere.
La ringraziamo anticipatamente per voler trasmettere a Sua Maestà questa nostra richiesta.
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