«Si muore un po’ per poter vivere», cantava Caterina Caselli in Insieme a te non ci sto più, nel 1968. È per certi versi la storia dei partiti di centrosinistra in Europa negli anni del dopo 2008: per affrontare un mondo in profondo cambiamento si deve certamente cambiare, pena la scomparsa. Molti dei congressi e degli appuntamenti elettorali in Europa in questi anni si sono confrontati, anche in modo alle volte rovinoso, alle volte doloroso, proprio con questa sfida.
La conferenza annuale del Partito laburista inglese, che si è conclusa mercoledì 25 settembre a Brighton e ha avuto nel leader’s speech di martedì 24 settembre il momento più atteso, è servita a delineare come i laburisti inglesi si preparano a rispondere alla sfida del governo e a candidarsi alle elezioni del 2015.
Tutto sta in una frase, ripetuta più e più volte nel corso del discorso di Ed Miliband: «Britain can do better than this». Uno slogan formidabile, per immaginare un futuro diverso, e migliore, per la nazione. Un modo davvero progressista di rappresentare un cambiamento che la crisi ha reso assolutamente inevitabile, eppure che non deve spaventare, perché la Gran Bretagna ha le risorse, lo spirito, le caratteristiche diffuse tra i propri cittadini per immaginare e costruire un futuro migliore di quello costruito dal governo – conservatore – del presente. E «Britain can do better than this» è una formula straordinaria per un partito di opposizione che vuole proporsi come alternativo ma non esclusivamente oppositivo, in grado quindi di immaginare strade di governo diverse.
Lo slogan si è poi concretizzato in un’analisi incentrata su alcuni punti, cari alla rappresentanza della sinistra: il tema dell’erosione del potere d’acquisto dei salari a fronte di un aumento non proporzionale dei prezzi; la capacità di immaginare un partito di governo che combatta al fianco dei cittadini per le loro necessità, e non contro di essi; un impegno a mantenere il tema della competitività del sistema-paese al centro dell’agenda, non andando a combattere una competizione al ribasso, per abbassare i salari o peggiorare le condizioni di lavoro, ma per una società che sia in grado di rendere i propri cittadini più forti per stare sul mercato globale.
Pur avendo capito che il mondo è profondamente diverso e che non si possono additare solo le politiche di destra come cause della crisi, e pur avendo colto lo spirito giusto di orgoglio nazionale con cui una nazione può raccogliere le migliori energie intorno a uno sforzo di cambiamento, è sul come promuovere competività e insieme eguaglianza, sul come coniugare gli interessi sparsi della classe media con un programma di rilancio del sistema produttivo nazionale, che il discorso di Ed Miliband ha però evidenziato le difficoltà anche del Labour di inventarsi una strada percorribile e convincente fuori dalla crisi. In effetti, se «Britain can do better than this», la principale proposta laburista per il 2015 non può essere solo quella di congelare le bollette dell’energia e del gas fino al 2017. Perché, appunto, dal Labour ci si aspetta di più.
In un recente saggio di Policy Network, si sottolinea come la buona politica inizia con l’empatia, procede poi con l’analisi, delinea valori per costruire una visione e infine si concentra sulle possibili soluzioni pratiche in termini di policies. Forse uno sforzo di empatia nel percepire, interpretare e rispondere alle profonde angosce che la crisi economica internazionale ha lasciato nella coscienza collettiva dei cittadini può essere un buon punto di partenza per una leadership che faccia lo sforzo straordinario di caricarsi in modo convincente dei destini di una nazione.
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