Al di là delle giuste e doverose forme di dura protesta contro quanto sta accadendo in Ucraina che tutti i governi europei, le forze politiche e sociali e l’Unione europea stessa stanno esprimendo in questo momento, va però fatto un serio ragionamento sulle possibili opzioni per una soluzione della feroce contrapposizione che in queste ore rischia di far sprofondare l’Ucraina in una guerra civile. La politica deve infatti cercare anche soluzioni, e non solo stigmatizzare comportamenti estremamente repressivi e liberticidi come quelli promossi dal presidente Yanukovich, che ha lanciato in queste ore attraverso i servizi segreti una operazione “anti-terrorismo”, mostrando ancora una volta un preoccupante volto autoritario. Altrimenti, si rischia di fare della crisi ucraina una riedizione delle vicende siriane, denunciate come la più grande crisi umanitaria dei nostri tempi, ma affrontate con grandissima difficoltà e, al momento, poca efficacia per quanto riguarda certamente il versante umanitario. Se i 25 morti e gli oltre 240 feriti – secondo il computo delle autorità di Kiev – necessitano di una riunione straordinaria del Consiglio degli affari esteri a Bruxelles che discuta di sanzioni individuali contro esponenti del regime, la risposta deve però essere tale da prevedere oltre alle sanzioni anche una possibilità negoziale. Certo, la Commissione europea avrebbe dovuto fare di più, ad esempio recependo la richiesta di imporre per i responsabili della violazione dei diritti umani e della democrazia sanzioni personali – blocco dei conti bancari e diniego della concessione dei visti – approvata da una risoluzione unitaria del parlamento europeo, secondo quanto proposto anche da Gianni Pittella. Purtroppo, finora la Commissione europea non ha ritenuto necessario adottare misure punitive per incentivare le autorità ucraine a porre fine alle violenze. Come testimoniato anche dai risultati elettorali del 2010, il paese è storicamente spaccato in due, tra una parte vicina alla Russia e una parte più orientata verso l’Europa. Per evitare una guerra civile si deve quindi mettere al tavolo del negoziato le due parti, e coinvolgere anche la Russia, il vero sostenitore del presidente Yanukovich. Proprio per evitare lo scenario siriano, dove il non coinvolgimento degli attori regionali ha portato al recente fallimento della Conferenza di Ginevra II. Proprio per evitare lo scenario jugoslavo, ancora una volta alle porte dell’Europa è chiesto all’Europa uno sforzo di visione, presenza e soprattutto impegno comune per prevenire un conflitto. Non basta, come sono in procinto di fare i ministri degli esteri di Parigi, Berlino e Varsavia, di recarsi a Kiev oggi. Anzi, se alla presenza non si affianca una reale volontà negoziale e un impegno serio a cercare una soluzione si rischia di alimentare aspettative pro-Europa che gli stessi paesi dell’Unione non sono poi in grado di sostenere. Lo sforzo negoziale, che deve tendere a restituire la parola e la capacità di decisione del popolo ucraino, può essere una risposta che valorizza anche l’intervento italiano, e la qualità delle nostre relazioni internazionali, a partire dalla Russia.
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