Se l’etimologia di responsabilità indica il participio passato del verbo respòndere, rispondere, allora non vi è termine più attuale, in tempi di crisi irrisolte, per il nostro impegno collettivo e politico.
La Carta delle responsabilità 2017 proposta da Gariwò ha il merito di tracciare un percorso ispirato ai valori e all’esempio dei giusti che hanno agito in momenti storici non certo più accomodanti di quello che stiamo attraversando. Ci ricorda che la capacità e il successo delle risposte alle sfide e alle insidie della nostra era non possono dipendere soltanto da coloro che assumono cariche e funzioni politiche e pubbliche.
Sono invece una responsabilità diffusa nella società, che comincia con la sfida all’indifferenza e culmina con l’orgoglio di cittadinanza, passando per l’accettazione dell’altro e sulla capacità, da parte di ognuno di noi, di ponderare le proprie azioni e interrogarsi sull’effetto che esse possono generare.
In un mondo globalizzato e interdipendente, parallelamente alle opportunità, accrescono anche le responsabilità, perché ogni nostra azione è capace di generare ripercussioni, talvolta lente e indirette, anche su persone lontane e in angoli remoti del mondo. La crisi finanziaria, le minacce del terrorismo, i cambiamenti climatici e gli esodi migratori sono alcuni degli indicatori di un equilibrio globale molto fragile.
Sintomi che richiamano con urgenza la nostra capacità di rispondere, la nostra responsabilità, individuale e collettiva. La sfida è pertanto quella di sviluppare con la necessaria tempestività nuovi strumenti di cooperazione internazionale per porvi rimedio. Strumenti che è necessario sviluppare, ma anche imparare ad adoperare, vincendo la paura del nuovo e la pigrizia di confrontarci con esso.
Un esempio calzante è senz’altro quello dell’Unione europea. Nata per porre rimedio alla catastrofe della seconda guerra mondiale, è uno strumento in costante evoluzione da ormai più di sessant’anni. Di sovente gli Stati membri dimostrano ancora tutta l’incapacità di guardare oltre le convenienze nazionali di breve periodo. E i rispettivi rappresentanti politici (e anche i rispettivi cittadini) faticano talvolta ad accettare la nuova realtà, che ci dice ineluttabilmente quanto sia impossibile tutelare l’interesse nazionale con un orizzonte che non sia quello europeo. Ecco che dobbiamo investire sull’orgoglio di essere cittadini europei, per promuovere e assicurare, in un mondo disordinato e violento, un ruolo più incisivo dell’Europa.
L’Accordo di Parigi e l’Agenda 2030 sono pietre angolari in questo senso, con il fine di affrontare efficacemente e tempestivamente i cambiamenti climatici e raggiungere importanti obiettivi di sviluppo sostenibile. A coloro che a queste responsabilità hanno deciso di sottrarsi, l’Europa unita dovrà rispondere con una strategia comune ancora più determinata.
Bisogna poi guardare all’Africa, che è ormai una delle principali sfide per l’Europa e per il mondo. Proprio quando si fa sempre più preoccupante il fenomeno delle migrazioni irregolari e suonano le sirene del radicalismo etnico e religioso, il forte incremento demografico che caratterizza alcune aree del continente africano non deve tradursi in un ulteriore aumento della marginalità sociale e della disoccupazione.
Per non sottrarci a tale responsabilità, il gruppo PD alla Camera dei Deputati ha presentato un proposta di legge, denominata “Africa Act”, volta a rafforzare le relazioni dell’Italia con l’Africa in una logica di co-sviluppo, con un piano d’azione che risponde all’impegno di incrementare le risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo e di allinearci progressivamente ai benchmark internazionali di Aiuto Pubblico allo Sviluppo.
È importante sottolineare, tuttavia, come la cooperazione non sia soltanto una responsabilità del settore pubblico. La legge 125/2014 di riforma del sistema della cooperazione italiana allo sviluppo ha profondamente rinnovato la disciplina di settore, superando l’impostazione precedente, che risaliva al 1987, e assicurando nuovi strumenti gestionali e di finanziamento che disegnano un quadro più organico e funzionale della cooperazione italiana.
Accanto alla sua importanza strategica come parte qualificante della nostra politica estera, tutti i soggetti di cooperazione, pubblici e privati vedono finalmente riconosciuto il loro ruolo specifico e le loro singole responsabilità per favorire la convivenza civile e lo sviluppo sostenibile, rispettoso dell’ambiente e delle tradizioni locali. Insomma, le responsabilità di oggi verso verso il mondo di domani.
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