pubblicato il 18 marzo 2015 sull’Huffington Post
A chi dice che l’Islam è incompatibile con la democrazia, direi di guardare all’attacco contro il Parlamento in Tunisia. La loro tesi, infatti, è la stessa dei fondamentalisti, che vogliono colpire ancora una volta un simbolo, quello dell’unico esperimento democratico emerso dalle Primavere arabe.
È la stessa tesi esposta in un video dai terroristi di Boko Haram, che entrando a gennaio 2015 nella città di Baga, in Nigeria, prima di una strage che ha fatto più di duemila vittime, gridavano agli abitanti del luogo: “Dovete scegliere, tra l’Islam e la democrazia, tra la vita e la morte”.
La Costituzione, le istituzioni democratiche tunisine, a partire dal suo Parlamento, sono frutto di un percorso complicato e non lineare, che in alcuni momenti ha rischiato di sbandare. Un percorso che ha visto morti, vittime di attentati terroristici (tra cui i due leader di opposizione e parlamentari Chokri Belaid e Mohamed Brahmi uccisi rispettivamente a febbraio e a luglio 2013); che ha avuto momenti di contrapposizione aspra tra le forze politiche, così come manifestazioni di intolleranza fuori dal parlamento, da parte di forze fondamentaliste che speravano di influire sul processo politico.
Un percorso che però, alla fine, ha portato a una maturazione collettiva: la Costituzione è stata approvata con 200 voti a favore, 12 astenuti e 4 contrari. A testimonianza di un processo di discussione vero, che ha portato la stragrande maggioranza delle forze politiche a riconoscersi nelle istituzioni democratiche e in un reale, nuovo spirito di unità nazionale. E a testimonianza di come un partito della galassia dell’Islam politico, il partito Ennahda, possa essere protagonista in positivo di una evoluzione in senso democratico del proprio Paese.
Non era scritto da nessuna parte che in Tunisia dovesse e potesse finire così. Anzi, la difficoltà del contesto, con l’ingombrante vicino libico, e i fallimenti dei processi democratici di altri paesi post-Primavera araba (a partire dall’Egitto) non giocavano a favore della Tunisia.
Oggi è sotto attacco il parlamento di un Paese democratico vicino dell’Italia. Ci sono nostri connazionali tra le vittime al museo del Bardo. Ogni coscienza democratica, che sia laica, cattolica o musulmana, dovrebbe sentire questo attacco come diretto anche contro di noi e contro i nostri valori fondanti, esattamente come lo era quello contro la redazione ci Charlie Hebdo. A Tunisi come a Parigi.
Per questo, l’esperimento tunisino è simbolico. Perché dimostra che l’Islam e la democrazia possono convivere. E che ci può essere un’evoluzione in senso democratico di un paese islamico. I parlamenti democratici possono approvare leggi contro il terrorismo di matrice fondamentalista islamica, come succedeva proprio oggi a Tunisi. E che proprio le leggi democratiche contro la barbarie terrorista sono lo strumento più efficace per combatterla.
La Tunisia e la sua democrazia vanno difese, aiutate e facilitate più di quanto non sia stato fatto fino ad ora. Perché la Tunisia rappresenta la vera, efficace risposta al Daesh, al sedicente Stato islamico: è una risposta che ci dice che si può immaginare una democrazia, che sa far convivere religione e diritti delle minoranze, in una logica non oscurantista.
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