Perché serve un nuovo patto di stabilità?
Il vecchio patto di stabilità va superato perché è fatto da regole concepite molti anni fa, in un contesto economico molto diverso da quello di oggi. Le regole del “vecchio”patto in sostanza hanno perso credibilità perché troppo farraginose, poco comprensibili e spesso non adatte a reagire ai diversi cicli economici (nei momenti di crisi obbligava gli stati a ridurre la spesa pubblica, mentre si dovrebbe tagliare la spesa pubblica per risanare il debito quando le cose vanno bene). Per queste ragioni, le vecchie regole sono state mano a mano sempre meno rispettate, aprendo alla possibilità che ogni governo andasse a Bruxelles per negoziare un po’ di flessibilità quando si dovevano scrivere i bilanci.
Questo ha portato da un lato a una crescente mancanza di fiducia tra i paesi dell’eurozona (i frugali contro i paesi più indebitati, i governi di destra contro quelli di sinistra) e crescenti tensioni nell’Eurogruppo e tra governi e Commissione. E’ in questo clima che negli anni si sono rafforzati i movimenti anti-euro e sovranisti, a destra e a sinistra.
Cosa prevede il nuovo patto
La proposta della Commissione prevedeva la possibilità di analizzare singolarmente la situazione di ciascun paese (necessario, considerate le differenze tra le economie degli stati dell’eurozona), l’allungamento del periodo lungo il quale considerare gli aggiustamenti (è più sostenibile valutare la riduzione del debito lungo un arco di alcuni anni, e non anno per anno), e impostava la definizione del ciclo di aggiustamento sullla base di piani elaborati inanzi tutto dai singoli paesi. Più tempo per ridurre il debito, più incentivi alle riforme.
Siccome diversi governi (tra cui in particolare il governo Meloni) hanno voluto modificare pesantemente la proposta della Commissione, il quadro non si è semplificato. E’ stato fatto un lungo negoziato a porte chiuse, aggiungendo clausole e salvaguardie incomprensibili. Per diversi aspetti In questo negoziato ha prevalso la prospettiva degli stati membri più rigorosi, aggiungendo quindi criteri numerici più stringenti, invece di una valutazione complessiva delle politiche di ogni paese.
Come ha negoziato l’Italia e il governo Meloni
Il governo Meloni è stato poco presente, e quando c’è stato ha usato l’arma del ricatto (minacciando di mettere il veto sul nuovo patto di stabilità o di non ratificare il MES) piuttosto che la forza di alleanze e proposte. Tra l’altro le regole più importanti (il cosiddetto braccio preventivo) non sono a unanimità, quindi l’arma del veto era spuntata. Anche per questa ragione, ha prevalso l’accordo tra Francia e Germania, piuttosto che una alleanza tra Italia e altri paesi del sud, inclusa la Francia.
Si può fare qualcosa di meglio
Il nuovo patto è sicuramente un passo avanti perché archivia vecchie regole rigide e inefficaci a favore di una logica che guarda alla sostenibilità complessiva del debito e che favorisce gli investimenti. Al tempo stesso, si tratta di un compromesso, che avrebbe potuto essere più favorevole all’Italia se Meloni avesse partecipato non in modo sguaiato ma seriamente alla discussione.
L’accordo non è ancora chiuso, perché il Parlamento europeo ha potere di codecisione su molte parti. A gennaio il Parlamento europeo voterà sul mandato negoziale. Ci saranno forze politiche tentate di votare contro l’accordo (il M5S ha già detto che questo è un “Pacco di stabilità”), magari pensando alle elezioni europee. Così facendo il rischio sarebbe enorme. L'augurio è che tutte le forze politiche italiane, invece di pensare alle elezioni europee, diano un forte mandato al Parlamento per negoziare spazio in più a favore degli investimenti, per un percorso di crescita e di riduzione del debito.
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