BUON 25 APRILE!
Il 25 aprile è, insieme al 2 giugno, la ricorrenza civile che sento di più. E’ il giorno in cui chi è venuto prima di noi ci chiede di fermare le normali attività, per ravvivare i valori che ci uniscono, e per tramandare gli episodi e la memoria delle eroine e degli eroi che hanno conquistato per l’Italia libertà e democrazia. Il 25 aprile è il giorno del passaggio di testimone, come in quella commovente canzone sulla Liberazione scritta da Italo Calvino nel 1958, Oltre il ponte.
Quest’anno è una ricorrenza che sento ancora di più. Noi siamo liberi, ma non è così per un’altra nazione europea, l’Ucraina. È difficile non pensare a quello che ha vissuto il nostro Paese, tra l’estate del 1943 e la primavera del 1945, e non collegarlo alle durezze che stanno vivendo tante donne e uomini, giovani e vecchi, bambini e bambine a Mykolaiv, Dnipro, Kyiv, Mariupol. E’ difficile pensare che, a quasi ottanta anni di distanza, in Russia c’è un dittatore che ha deciso di dimenticare la drammatica lezione impartita in Europa dalla tragedia della Seconda guerra mondiale: non si conquista con la forza un altro paese. Lo ha sottolineato il presidente Mattarella nel suo inequivocabile discorso alle associazioni combattentistiche e di arma del 22 aprile, che vi invito a leggere.
Come ogni anno, sono andata a rileggere un po’ di lettere dei condannati a morte della Resistenza. Quest’anno in quegli scritti cercavo la parola libertà, la parola per la quale tante persone sono morte. Come sa chi tra voi ha letto le lettere, si tratta spesso di brevi messaggi, scritti in condizioni drammatiche e disagiate, spesso poche ore o pochi minuti prima della condanna a morte, vergati di fretta su biglietti di fortuna, in celle male illuminate, senza la certezza che sarebbero stati consegnati ai destinatari. Tra saluti affettuosi e disperati, e indicazioni pratiche per chi resta, alcuni condannati esprimono con orgoglio l’idea per la quale cadono, cioè l’amore per una Italia finalmente libera e unita. Usano poche parole forse perché in quei momenti sono tante le cose da dire ma mancano le parole. Sono messaggi sintetici anche perché non c’è molto bisogno di spiegare cosa voglia dire libertà, a chi vive in un paese occupato da un invasore straniero, che spadroneggia, tortura, uccide, devasta.
Sarebbe bello che quest’anno sia l’anno in cui come italiani tutti, uniti, senza distinzione di parte riflettiamo sul valore della festa nazionale del 25 aprile. Che è, prima di tutto, una festa di libertà. Quella libertà che abbiamo il dovere di difendere, in Italia e ovunque nel mondo sia minacciata.
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