“Vogliamo essere sicuri che questa sia l’ultima guerra che combattiamo” ci dice uno dei nostri interlocutori ucraini al termine di un colloquio sulle condizioni di sicurezza nel paese. L’energia che troviamo a Kiev, a pochi giorni di distanza dal vertice Nato di Vilnius dell’11 e 12 luglio, è questa. Una grande determinazione, e rabbia, ma anche la richiesta all’Occidente di fare tutto il possibile perché questa sia l’ultima guerra.
La vita nella capitale, come in tutte le città del Paese, è pesantemente condizionata dal rischio di attacchi missilistici. Nonostante si faccia tutto il possibile per far proseguire la vita quotidiana senza modifiche, le giornate – e le notti – si congelano appena inizia a suonare la app per l’allerta in caso di raid aerei, che tutti hanno installato sul telefono. La app entra in funzione appena si rilevano attività russe nei cieli ucraini. Da quel momento, si hanno tre minuti per recarsi in un rifugio anti-aereo (cioè nelle cantine o nelle fermate della metropolitana, nessun edificio è stato costruito pensando al rischio di un bombardamento sulla capitale). E lì si aspetta, anche per ore. Ci raccontano che finora a luglio la situazione è stata più calma (nei quattro giorni in cui siamo stati a Kiev l’allarme è suonato “solo” due volte), mentre nel mese di maggio tutte le notti di Kiev sono state lacerate dall’allarme aereo. Il mancato sonno ha reso estremamente faticosa la fine dell’anno scolastico per i bambini. Ma non c’è solo questo aspetto quotidiano. C’è la durezza della situazione militare. Più del 75 per cento degli ucraini ha avuto un parente stretto o un amico ferito o ucciso durante le operazioni militari. Tutti i ragazzi nati nel 2005, quelli cioè che diventano maggiorenni nel 2023, sono stati coscritti, addestrati e impiegati nel servizio di leva.
C’è poi una questione più generale. La storia dell’Ucraina come stato indipendente è una storia di interferenze sempre più pesanti da parte della Russia, fino ad arrivare all’invasione della Crimea del 2014 e poi all’invasione su larga scala iniziata il 24 febbraio 2022.
Se questa guerra non si concluderà con una sconfitta della Russia, e con adeguate e continuative garanzie di assistenza per la sicurezza dell’Ucraina, c’è il timore che nulla per l’Ucraina e i suoi cittadini sarà mai al sicuro. È per questo che l’Ucraina chiede che il vertice della Nato a Vilnius abbia un esito diverso da quello del vertice di Bucarest del 2008, e cioè che questa volta l’Ucraina venga invitata a partecipare alla Nato “quando le condizioni lo permetteranno”. Non subito, ma dopo la fine della guerra. Insieme a questo invito, si chiede un piano di garanzie di assistenza di sicurezza pluriennale, fatto di forniture militari e addestramento da parte degli alleati. La pianificazione del sostegno allo sforzo bellico ucraino finora è stata manchevole. Bisogna superare questo stato di cose, per non concedere all’esercito russo il vantaggio del tempo che passa e dell’organizzazione.
L’Ucraina, le sue forze armate, così come il suo popolo, stanno dando prova di una capacità di resistenza straordinaria. Di fatto il paese è già inserito nella rete di addestramento dei paesi Nato e viene rifornito di equipaggiamento dagli stessi paesi dell’Alleanza Atlantica. Una prospettiva politica di adesione dopo la fine della guerra è la continuazione di quell’impegno che tutti i paesi del Patto atlantico si sono presi quando hanno deciso di sostenere l’Ucraina contro l’aggressione russa. La prospettiva di fare parte di una alleanza difensiva come la Nato è l’unico modo per evitare che l’Ucraina subisca una nuova invasione.
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