“Lia, devo portarti alcuni curriculum. Circa 500”. No, non è la storia di come si raccomandano delle persone a una politica. È la storia di Virginia Scirè, imprenditrice e fondatrice di WearMe Babywearing (@wear_me_it), una azienda di Castelfranco Veneto che fa fasce e abbigliamento per portare i bambini. Ed è la storia di 500 mamme che vorrebbero lavorare in modo diverso.
Virginia fonda Wear me quando viene licenziata dalla azienda in cui lavorava perché si assentava troppo. Virginia doveva infatti lavorare e intanto prendersi cura di suo figlio, affetto da una malattia che richiedeva la presenza assidua della mamma in ospedale e durante le cure.
A partire dalla sua vicenda, ha deciso che lavorare nella sua azienda sarebbe stato diverso: ha scelto di organizzare il lavoro secondo i tempi delle sue dipendenti, che sono tutte mamme, con orari di ingresso flessibili, la possibilità di smart working in base alle esigenze delle famiglie, e alle 16 si chiude.
Dopo la vicenda di Elisabetta Franchi, il modo di lavorare di Wear me, a misura di genitore, è stato raccontato da vari giornali e TV a dimostrazione che, per fortuna, non tutti gli imprenditori o le imprenditrici si comportano come Elisabetta Franchi. Con questo tam tam, più di 500 mamme hanno mandato a Wear me il loro curriculum. Sono mamme stanche, nervose, piene di senso di colpa, mamme che cercano di tenere tutto insieme e che “lavorano solo per lo stipendio”, ma che vorrebbero essere impiegate da aziende capaci di lavorare in modo flessibile, per risultati.
Virginia Scirè mi ha consegnato simbolicamente i loro curriculum, che ho ricevuto come impegno a lavorare insieme per avere:
- il congedo di paternità obbligatorio;
- più servizi per la famiglia;
- più tempo pieno, per i bambini e anche per permettere alle mamme di lavorare.
Costruire un’azienda che tenga conto delle persone e delle loro esigenze è possibile. Costruire intorno a queste aziende un paese che aiuta i genitori che lavorano non solo è necessario ma è anche giusto.
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