“Il PD così come è da sciogliere, superare”. Che a dirlo sia Calenda non mi stupisce. Ma quando sento dirlo a dirigenti di primissimo piano, che il PD lo hanno magari fondato come segretari di partito, o guidato da presidente dell’assemblea, beh, mi viene male. Un comodo “cambiamo il nome perché nulla cambi”, a partire da chi dovrebbe guidare questa transizione.
Non credo si debba superare il PD. Sono convinta - ed è la posizione che argomenterò nella discussione congressuale delineata oggi da Letta - che si debba fare con coerenza tutto quello che c’è scritto nel nostro manifesto dei valori e nel nostro statuto, e che non è stato fatto perché avrebbe creato un partito dove il potere passava dalle stanze dei dirigenti nazionali alle mani degli iscritti ed elettori.
Per ripartire, dobbiamo fare quel partito che abbiamo fondato il 14 ottobre 2007 con le primarie, cioè il partito di iscritti ed elettori, il partito contendibile perché fa le primarie aperte, il partito paritario che rimuove gli ostacoli che si frappongo alla parità tra i sessi nella partecipazione politica (art. 1), il partito che ascolta, che discute e che vota. Se si guarda a quello che volevamo essere 15 anni fa, e a quello che siamo diventati, c’è poco da stupirsi se gli elettori ci hanno votato senza nessuna convinzione. Cambiamo partito, facciamo il PD.
Comments