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Congo, esempio di quando la politica funziona


Qualche considerazione sulla questione Repubblica democratica del Congo, al netto della gioia, vera e sconfinata, che si respirava a Ciampino, tra i bambini e quei genitori che molto più di altri hanno letteralmente aspettato, e a lungo, i propri figli.

Tante volte accade, a fronte di vicende che riguardano connazionali all’estero o situazioni in cui l’Italia deve far valere le proprie ragioni presso un altro paese, che si dica che l’Italia non conta nulla. La realtà delle due crisi di questo tipo nell’ultimo anno, la vicenda dei 31 bambini adottati da 24 famiglie italiane in Repubblica democratica del Congo e l’affaire Shalabayeva, ci raccontano però un’altra storia.

In un mondo che evolve verso una logica multipolare le crisi internazionali – Ucraina, Libia, Venezuela – non possono essere affrontate che sedendosi in modo autorevole con idee e capacità intorno a tavoli multilaterali. La capacità di incidere, di contare e di difendere il cosiddetto interesse nazionale in questi contesti è quindi una capacità difficile da valutare volta per volta, legata alla possibilità di fare alleanze con altri paesi, alla bontà delle idee messe in campo e a fattori contingenti.

Anche l’Italia non sfugge a questo tipo di logica: l’orientamento europeo e occidentale in alcuni casi risente del punto di vista italiano, come accaduto per esempio con l’Ucraina, se esistono spazi politici perché questo succeda. Altrimenti, come accaduto con l’attacco a guida francese contro la Libia di Gheddafi, l’Italia si ritrova messa da parte. Sono le regole del gioco della politica internazionale. è quindi soprattutto quando ci si trova in situazione di stress in un rapporto bilaterale che sembra possibile misurare quanto conta un paese. In questi casi, il fatto stesso che ci sia una crisi fa subito pensare che ci sia un problema di peso dell’Italia. Ma la realtà dei rapporti tra gli Stati è fatta anche così: situazioni di interessi confliggenti, incidenti diplomatici, divergenze di vedute. La questione è però se e come queste situazioni di dialettica tra gli Stati vengono risolte. Il caso Shalabayeva e la vicenda dei bambini adottati in Congo sono stati affrontati e risolti in modo molto soddisfacente per l’Italia, testimoniando a mio modo di vedere che esiste una capacità italiana di farsi valere e di affermare le proprie ragioni, anche in paesi dove i rapporti bilaterali non sono profondissimi, oppure dove una politica estera personale ha indebolito le tradizionali reti della diplomazia. La realtà di queste due situazioni ci dice che il nostro paese ha un sistema diplomatico che funziona, in grado di fare un lavoro complesso, paziente, passo a passo, di costruzione di rapporti, sviluppo di relazioni, che poi conduce alla soluzione. La diplomazia in fondo è anche questo: l’essere in grado di fare gli interessi del proprio paese nei rapporti con gli altri. Nel caso della Repubblica democratica del Congo, addirittura, l’azione italiana ha permesso la soluzione di analoghi casi di adozioni di altri paesi. Va quindi tenuta in considerazione questa capacità italiana, perché è una risorsa cruciale, da non sottovalutare. Il problema non è la crisi, ma se si è in grado di risolverla. Questo è detto pensando sia a possibili incidenti futuri. E alle questioni ancora aperte, dagli altri casi ancora non completati di adozioni internazionali, alla vicenda dei marò.

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