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Del Pd o sull’allergia al Governo


Il PD, nelle sue articolazioni, ha nelle ultime settimane dato prova di non essere un partito affidabile per il governo.

Solitamente, alle elezioni, i cittadini scelgono un partito e lo delegano a imprimere una direzione al Paese, cioè a districarsi nella quotidianità di tutto quello che può succedere, dando un senso alle azioni per fronteggiare l’imprevisto così come una concretezza agli impegni presi in campagna elettorale.

Con il voto per la sospensione dei lavori parlamentari per permettere al PDL di tenere un’assemblea di gruppo, e soprattutto con la posizione tenuta sul voto di sfiducia ad Alfano il PD è riuscito a confermare di non essere una forza di governo affidabile. Non per le posizioni prese, peraltro non condivise da una larga parte dell’elettorato militante, ma per il modo in cui queste non sono state difese, sentite come proprie da gran parte di chi le votava o le doveva spiegare. Rischiamo di non essere forza di governo perché in troppi, prima, durante e dopo il voto, si sono smarcati, hanno fatto dei distinguo, hanno ancora una volta confermato l’antico pregiudizio di un centro-sinistra litigioso, senza direzione né verso, pronto a dividersi su tutto e a subire decisioni prese dagli altri partiti della coalizione, per un senso di responsabilità che non si traduce in capacità di esprimere una posizione. Il corollario delle difficoltà a gestire la quotidianità degli imprevisti di governo è la sensazione che il PD non sappia che pesci pigliare. E allora, se si vuole un governo, tanto vale votare altri.

La responsabilità di questa situazione sta sia in come non si riesca, attraverso gli organi decisionali, a costruire una posizione difendibile, d’attacco, e invece ci si ritrovi sempre a giocare in retroguardia, tenendo posizioni di risulta. Ma sta anche in chi, pensando di darsi una caratterizzazione per ottenere una visibilità al margine – e penso a tutti i candidati alla segreteria – si smarca. Dimenticando che il PD è nato per essere un partito di sinistra e di governo: se, da candidato alla segreteria, nel caratterizzare la propria offerta politica si dà l’impressione che il PD non sia capace di arrivare a una sintesi sulle questioni del governo del quotidiano, si danneggia il presupposto primo del PD. Magari ci si posiziona, ma si ricorda agli italiani che la sinistra al governo nazionale risulta in un’accozzaglia di posizioni nebuolose, personalità pronte a tutto per la visibilità, ma in poca affidabilità di governo. In questa fase, non ci si salva individualmente: anche chi pensa di avere una base elettorale consolidata in posizioni di differenziazione, e pensa così di coltivarla, non si rende conto che danneggiando il PD danneggia anche se stesso. Meno persone parteciperanno a un congresso, a delle primarie, di un parto litigioso e senza direzione, di un partito non pronto a governare.

Da dove ripartire? In primo luogo, dal congresso, al più presto. Soprattutto in considerazione del fatto che le tensioni in Parlamento sono anche uno sfogo dovuto al processo dilatorio e incerto di definizione delle regole congressuali. Invece, serve subito un congresso per ritrovare, costruire, mettere alla prova la direzione verso la quale vogliamo fare muovere l’Italia. In secondo luogo, dal fare funzionare gli organismi dirigenti. Se stiamo dentro un partito, pensiamo che il confronto tra le intelligenze di ciascuno dia un risultato di intelligenza collettiva superiore in qualità alla somma numerica delle posizioni individuali. Per questo, bisogna che gli organismi dirigenti si riuniscano tempestivamente a fronte di crisi come quella kazaka e discutano per poi decidere una posizione. In terzo luogo, i distinguo individuali ex-post, senza che quella o quelle voci si siano sforzate di dare una direzione diversa alla posizione del partito, devono essere trattati con grande attenzione. In particolare, da iscritti e simpatizzanti. Che senso ha legittimare una posizione di dissenso che spesso è individuale e non ha intenzione di influire sul dibattito interno prima che sui giornali?

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