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L'EUROPA DEI FATTI

Aggiornamento: 19 apr 2023


Le campagne elettorali, per definizione, sono un gioco di sintesi, di slogan che dicano tutto in una, due, massimo tre parole.

Ma in queste righe, però, vorremmo provare a prenderci un po’ di tempo e a parlare di Europa.

Europa non come progetto di pace e progresso, perchè, a ben guardare, tutti i progetti politici, nella testa di chi li fa, sono progetti di pace e progresso.

Ma come fatti.


Parliamo di fatti.

Per la precisione di 63,7 miliardi di fatti.

Tanti sono i soldi che, negli ultimi 5 anni, sono arrivati in Italia dall’UE.

Significa, grossomodo, 1040 euro a testa. A ogni italiano.

Bene.

Ma dal momento che nessuno di noi si è visto arrivare un bonifico da 1040 euro, viene normale chiedersi: dove sono andati a finire questi soldi? Chi se li è presi i miei 1040 euro?


La risposta si trova sul sito dei fondi di coesione dove c’è un’interessante infografica. Questa:







Cosa significa?

è presto detto:


Significa che il 45,2% (circa 27 miliardi di euro) di questi fondi sono andati ai fondi detti ERDF (European Regional Development Fund), cioè ai fondi che l’UE destina a migliorare la qualità della vita nei Paesi che la compongono.

La ratio dei fondi ERDS è quella di porre le basi per il mondo di domani, quello che, ci piaccia o no, arriverà. Quando arriverà, potremo essere pronti o non esserlo.

I fondi ESDR servono a questo: a essere pronti. Servono a costuire infrastrutture, programmi di formazione, fare progetti che possano rispodere alle domande (ambientali, sociali, lavorative) che il mondo non ci ha ancora fatto ma che, c’è da starne certi, prima o poi ci farà.


Questa sono le cose per cui l’Europa invia più soldi all’Italia: progetti di sviluppo.


La seconda voce cui arrivano più soldi è quella degli ESF: i fondi sociali europei servono a -perdonate la sintesi- riparare le zone più povere e depresse dell’Europa.

Perchè l’Europa sa benissimo che non potrà dirsi davvero unita fino a quando, anche al suo interno, ci saranno enormi disparità economiche e sociali.

I fondi ESF (che sono 17 miliardi) servono a appianare (fino a farle magari sparire) queste disparità.


Un’altra fetta molto importante dei fondi europei va agli EAFRD (European agricultural fund for rural development), in pratica, i fondi per l’agricoltura. Su questo tema ci sarebbe da scrivere per giorni, ma, per evidenti ragioni, non lo faremo qui. Però due cose, in estrema sintesi, sull’agricoltura europea vanno dette: la prima è che il settore agricolo da anni (e ancor di più negli ultimi mesi) è caduto in profonda crisi, perchè i costi di produzione sono diventati più alti di quelli di vendita; la seconda è che il costo ambientale dell’agricoltura così com’è oggi, è altissimo. Può sembrare un paradosso, è vero, ma coltivare, per quanto sia attività nobile, vicina alla natura e antica, fa male all’ambiente. Tanto per dirne una, perchè consuma molta più acqua del necessario. Per questo l’agricoltura va cambiata. E, affinchè cambi, servono investimenti e progetti. L’Unione Europea, con i suoi fondi, si occupa di questi progetti e investimenti, affinchè il settore possa diventare più redditizio per chi ci lavora, più economico per chi compra frutta e verdura e, soprattutto meno nocivo per l’ambiente.


Cosa significa tutto questo?


Significa due cose.

La prima è che chi dice che l’Europa non funziona o è da rifare o, addirittura, da abbandonare dice una cosa che non è vera. O meglio, che è vera solo se si pensa che l’Italia non abbia bisogno di crescere, che non abbia zone economicameicamente e socialmente in difficoltà, che l’ambiente e quello che mettiamo in tavola non siano cose importanti.


La seconda è che, visto che l’Italia è un Paese bellissimo ma non (ancora) perfetto e che ha davvero bisogno di crescere, di cambiare, di correggersi, di aiutare chi è in difficoltà, di salvaguardare il suo tesoro di ambiente e alimenti, c’è qualcuno che di risolvere questi problemi si occupa.

E questo qualcuno è l’Europa. Che lo fa con i fatti. Con 63 miliardi di fatti in 5 anni, per la precisione.



[Pezzo di Luciana Grosso]

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