Pubblico integralmente il resoconto stenografico della risposta del Ministro Kyenge alla mia interpellanza e la mia successiva controreplica.
PRESIDENTE. La Ministra per l’integrazione, Cécile Kyenge, ha facoltà di rispondere.
CÉCILE KYENGE, Ministro per l’integrazione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’interpellanza urgente appena illustrata riguarda la sospensione in Congo, per dodici mesi, dei permessi in uscita dei bambini adottati dalle famiglie straniere. Con l’intervento di oggi il Governo torna sull’argomento dopo l’esposizione dei fatti svolta martedì da parte del Viceministro Lapo Pistelli presso la Commissione affari esteri.
Il 27 settembre scorso, la direzione nazionale delle migrazioni presso il Ministero degli interni e della sicurezza della Repubblica democratica del Congo ha informato le ambasciate dei Paesi di accoglienza della sospensione per dodici mesi, a partire dal 25 settembre 2013, delle operazioni per il rilascio dei permessi di uscita per i bambini adottati dalle famiglie straniere.
Per tale ragione ho immediatamente deciso di recarmi in Congo per un chiarimento. L’ Italia è il secondo Paese di adozione dei minori congolesi ed è dunque tra i più colpiti dall’attuale sospensione delle pratiche. Il 4 novembre mi sono recata in visita a Kinshasa, dove ho incontrato tutte le autorità competenti nella materia: il Ministro dell’interno, quello della famiglia, il Viceministro degli esteri e il direttore generale per la migrazione.
Nella riunione di lavoro è stata chiarita la ragione della decisione sospensiva straordinaria presa dal Governo del Congo che è operativa nei confronti di tutti i Paesi del mondo: non si è trattato, nei riguardi dell’Italia, di alcuna rimostranza in merito a supposte “devianze” dell’adozione (cosiddetta ri-adozione da parte di nuove coppie di genitori, ovvero assegnazione a coppie ritenute non idonee da quel Governo, ad iniziare da quelle omosessuali).
Al riguardo, tutti i responsabili congolesi mi hanno dato atto che le procedure previste in Italia prima dell’adozione, ed anche successivamente, sono un modello a cui dovrebbero ispirarsi anche altri Paesi.
Il vero motivo della sospensione risiede nell’esigenza, tutta interna all’Amministrazione congolese, di rivedere i vari passaggi delle proprie procedure di perfezionamento dell’adozione per fugare i dubbi di scarsa trasparenza (o addirittura di corruzione).
L’intesa raggiunta nel corso della riunione è stata che la Direzione generale per la Migrazione avrebbe confrontato con l’Ambasciata la lista delle adozioni considerate in regola e per le quali sarebbe stata quindi rilasciata l’autorizzazione alla partenza.
In questo contesto, pertanto, solo le adozioni che avevano raggiunto l’ultimo passaggio procedurale (cioè l’approvazione della Commissione interministeriale congolese) prima della data del 25 settembre sarebbero state autorizzate e i rispettivi bambini adottati sarebbero potuti partire per l’Italia una volta verificata la lista con l’Ambasciata.
Per le altre adozioni si sarebbe dovuto attendere la conclusione della revisione delle procedure congolesi.
Di fatto, peraltro, alcune famiglie italiane si sono recate nella Repubblica Democratica del Congo, indipendentemente dall’indicazione dell’Ambasciata italiana. In altre parole, ciò è avvenuto in assenza della consegna, da parte dell’Autorità congolese al nostro organo diplomatico, dell’elenco delle famiglie adottive i cui bambini sono stati autorizzati all’espatrio.
Una complicazione è derivata dalla diffusione della voce priva di alcun fondamento che, nonostante il silenzio delle Autorità congolesi, altre liste – non ufficiali – erano state redatte, ed insieme ad essa la ulteriore voce infondata che ciascuna coppia di adottanti presente nel Congo sarebbe stata autorizzata a partire con il proprio figlio adottato.
I permessi d’uscita rappresentano l’ultima tappa della procedura d’adozione nel Congo: si tratta cioè di un ultimo nulla osta congolese all’espatrio dei minori, già muniti di visto d’ingresso per l’Italia rilasciato dalla nostra Ambasciata.
Tuttavia, nonostante le ripetute sollecitazioni della nostra Ambasciata a Kinshasa, non si sono registrati concreti passi avanti. Restava d’altronde immutato il comunicato emesso il 30 settembre dalla Commissione italiana per le adozioni internazionali, laddove si evidenziava come, a seguito della sospensione dei permessi d’uscita decretata dalle autorità di Kinshasa, i viaggi già programmati dalle coppie adottive di minori congolesi dovessero essere inderogabilmente rinviati.
A fronte del mancato adempimento – a tutt’oggi – da parte delle autorità congolesi degli impegni presi durante la mia visita, le famiglie hanno deciso di rimanere nel Paese in attesa del nulla osta definitivo alla partenza dei minori.
E’ opportuno evidenziare che, ai fini del rilascio di tale autorizzazione all’espatrio dei minori, i connazionali hanno dovuto consegnare i propri passaporti alla competente Direzione generale per la Migrazione congolese: non si può però parlare di sequestro delle famiglie italiane, come riportato su alcuni organi di stampa, perché i passaporti verrebbero subito riconsegnati ai titolari qualora ciò fosse richiesto.
La nostra Ambasciata a Kinshasa è costantemente in contatto con le coppie interessate, riunite da ultimo lo scorso venerdì presso la residenza dell’ambasciatore Mariani. Quest’ultimo ha garantito ai connazionali piena assistenza per il reperimento di medicinali, l’accesso a un medico di fiducia, nonché un eventuale contributo economico per coprire le spese correnti. Ogni attività viene svolta secondo le disposizioni di assistenza consolare ai nostri connazionali che si trovano in difficoltà all’estero. La questione è da me costantemente seguita di concerto con il Ministero degli affari esteri.
L’Ambasciata ha intensificato ed esteso il raggio d’azione dei suoi interventi sulle autorità congolesi e, da ultimo, ha effettuato un passo presso lo stesso Primo Ministro, il quale ha fatto presente che la decisione ultima sulle partenze è rimessa alla volontà del Capo dello Stato.
Mi preme, ancora una volta, sottolineare che le adozioni internazionali attengono in via esclusiva al campo delle attività umanitarie; dovrebbero svolgersi esclusivamente nell’interesse superiore del minore e nel rispetto dei suoi diritti fondamentali, come previsto dalla Convenzione dell’Aja del 1993. Non dovrebbero, pertanto, essere soggette alle tensioni, principalmente politiche, nelle nazioni di origine dei bambini da adottare.
Da parte mia, ho tenuto e continuo a tenere diretti contatti, formali ed informali, con autorità civili e religiose che in Congo possono avere qualche influenza sulle decisioni, per superare le difficoltà e per facilitare l’attività della nostra diplomazia.
Tale sensibilizzazione fa parte di una pressante azione italiana tesa a mantenere alta l’attenzione delle autorità congolesi per arrivare a un sollecito sblocco della problematica relativa alle adozioni. Grazie per l’attenzione.
PRESIDENTE. L’onorevole Quartapelle Procopio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Signor Presidente, Ministro, mi dispiace ma non siamo soddisfatti. In primo luogo, non si può dire che sia colpa delle famiglie che sono partite senza le autorizzazioni necessarie; come lei ben sa, la procedura di adozione internazionale coinvolge il CAI e il Ministero e richiede tutta una serie di autorizzazioni ministeriali – mi scusi, vorrei l’attenzione del Ministro, considerata la vicenda -, quindi non si può dire che siano le famiglie che siano partite di loro spontanea volontà, perché non è così. C’è stata una serie di accordi verbali tra le autorità italiane e le autorità congolesi che hanno dato spazio alle famiglie per credere che si potesse partire, e le famiglie sono partite sulla base di una serie di rassicurazioni che sono state date sia a livello governativo sia a livello delle associazioni coinvolte. Non si può pensare che il Governo italiano, a fronte di ventisei famiglie che vogliono adottare dei bambini congolesi – tutti i documenti italiani sono pronti dal nostro versante – possa dire che la colpa è delle famiglie, perché non è accettabile. Questo è il primo punto.
Il secondo punto riguarda la confusione ministeriale che c’è; il Viceministro Pistelli è venuto in Commissione a dire che l’ambasciatore aveva incontrato sabato le famiglie, ma lei mi dice venerdì. Va benissimo, l’importante è che vi mettiate d’accordo e diate una risposta univoca anche sui piccoli dettagli, perché io capisco il disagio delle famiglie che in questo momento non stanno capendo niente e mi ritorna la stessa cosa, se, in Parlamento, due Ministri, su dei piccoli dettagli, non riescono a mettersi d’accordo neanche sulla data dell’ultimo incontro che hanno avuto le famiglie con l’ambasciatore.
La terza cosa è che, come abbiamo capito da tutti i contatti che anche noi come parlamentari abbiamo avuto in questi giorni a livello ministeriale italiano con le autorità congolesi, il fatto che l’ambasciata si stia muovendo è assolutamente necessario; ringraziamo il costante impegno del nostro ambasciatore a Kinshasa ma non è abbastanza il contatto che si ha con autorità civili e religiose perché, come ha detto lei stessa, qui serve un intervento politico di altissimo livello e noi speriamo davvero che il Governo italiano, prima di Natale, riesca ad attuare questo contatto politico con il Presidente Kabila, perché ci sembra che sia veramente l’unica cosa che possa sbloccare la situazione e non si capisce chi nel Governo si prenda la responsabilità di fare questo atto. Grazie.
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