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Lettera da Sarajevo all'Ucraina

Questo fine settimana, la BBC ha raccolto la testimonianza di Aida Cerkez, una donna sopravvissuta alla guerra in Bosnia Erzegovina e all’assedio di Sarajevo, il più lungo assedio della fine del XX secolo. L’assedio durò per 1,425 giorni, dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996.

Per incoraggiare il popolo ucraino, Aida Cerkez ha inviato loro una lettera audio. Vi riporto le sue parole:


"Cari amici, le organizzazioni umanitarie qui a Sarajevo stanno raccogliendo aiuti per voi e io sono seduta davanti al mio armadio nel mio appartamento cercando di ricordarmi cosa avrete più bisogno in questo momento. Non sono le mie calze calde, o la mia giacca, o i miei stivali caldi le cose di cui avete più bisogno ora, ma è la mia maglietta di trent’anni con impresso lo slogan che mi ha tenuta viva durante i 1.425 giorni in cui i serbi bosniaci hanno sparato senza sosta e tenuto la mia città sotto assedio, senza acqua, senza cibo, senza elettricità, senza riscaldamento e senza comunicazione con il mondo esterno. Ho indossato quella maglietta e ho letto il suo slogan mentre più di 2 milioni di proiettili cadevano sulle nostre teste e mentre ne schivavamo innumerevoli. La maglietta dice: ‘Sarajevo sarà, tutto il resto passerà.’ Vi aspettano tempi bui, amici miei, ma vi vengono inviate armi per potervi difendere. Noi bosniaci abbiamo reagito, ma il mondo ci aveva imposto un embargo sulle armi. Il mondo non aveva capito il significato della guerra a Sarajevo, ma grazie a Dio ora lo ha capito a Kyiv. Avrete fame, sete, freddo, sarete sporchi, perderete le vostre case, i vostri amici e i vostri familiari. Ma la cosa che più vi farà male saranno le bugie. Le bugie che in qualche modo racconteranno che siete da biasimare per quello che vi sta succedendo. Bugie che racconteranno che state facendo ciò che vi viene fatto. Quelle bugie scaveranno innumerevoli solchi nei vostri cuori, ma non impediranno che battano e non li congeleranno. Ho visto che hanno distrutto la vostra torre della televisione, vogliono tenervi all'oscuro, proprio come hanno tenuto all'oscuro noi. Vogliono spegnere le luci, per non far vedere cosa vi stanno facendo. Scrivete tutto, registrate, un giorno questo definirà la vostra storia, spiegherà agli ucraini che devono ancora nascere cosa è successo, e molto probabilmente finirà per essere usato come prova in tribunale contro coloro che cercano di uccidervi. Nei tempi bui che vi aspettano, a volte perderete la fede, ma io vi scrivo dal futuro e vi dico: prevarrete, proprio come abbiamo fatto noi. Io sarei dovuta morire, ma sono sopravvissuta. Domani porterò i miei nipoti a fare una passeggiata, lo farete anche voi un giorno, perché vedo in voi la stessa resilienza che ho visto qui. Vi sento cantare il vostro inno mentre spingete via i carri armati a mani nude. Col tempo canterete come abbiamo fatto noi, canterete nuove canzoni sul vostro coraggio durante questa difficile guerra e inventerete i vostri slogan che vi terranno in vita. Ma per ora vi mando la cosa più preziosa che ho, il mio slogan, un po' modificato per voi: ‘l'Ucraina sarà, tutto il resto passerà.’ Slava ukraini. Sarajevo.”


[In foto ci sono le 'rose di Sarajevo,' dei simboli commemorativi che si trovano nelle strade di Sarajevo. I fori sull'asfalto provocati dai proiettili durante l'assedio sono stati nel tempo riempiti di resina rossa. La loro forma ricorda quella di una rosa che sta perdendo i petali.]


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