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OGGI A GUIDARCI NELLA LOTTA PER LA DEMOCRAZIA CI SONO ANCHE I PRIGIONIERI POLITICI BIELORUSSI

Ci sono alcuni luoghi del mondo, e non così remoti, dove soltanto parlare e dire la propria opinione è un atto rivoluzionario. Come in Bielorussia, dove da 30 anni governa Alexander Lukashenka, definito appunto come “l’ultimo dittatore d’Europa,” e tante delle libertà che noi diamo per scontate sono severamente ristrette. Oggi in Bielorussia ci sono più di 1500 prigionieri politici e pene detentive che superano anche i 10 anni di reclusione (dati dell’ultimo report sui diritti umani nel mondo di @amnesty); le elezioni sono una farsa in cui non sono ammesse candidature altre rispetto a Lukashenka e i suoi fantocci; e soltanto indossare vestiti rossi e bianchi, avere tatuaggi o essere visti con il pugno alzato, può portare ad un arresto immediato.



L’impegno politico, civile e morale di chi in Bielorussia in tutti questi anni non si è rassegnato alla violenza della tirannia era già stato illuminato da David Sassoli, quando nel il 16 dicembre del 2020 aveva assegnato il Premio Sakharov 2020 per la libertà di pensiero proprio all’opposizione democratica in Bielorussia, rappresentata da @prezident.svetae @veronica.tsepkalo.



Oggi in occasione della giornata dedicata ai prigionieri politici in Belarus e come portavoce dell’intergruppo Amici del popolo bielorusso, vogliamo rinnovare questo riconoscimento. Oggi a guidarci nella lotta per la democrazia, per la libertà e per i diritti umani, in Europa e nel mondo, sono i cittadini ucraini, che lottano contro l’invasione di Putin; sono i cittadini georgiani, che tra lacrimogeni e idranti contrastano una legge modellata su quelle russe; e anche le migliaia di donne e di uomini rinchiusi in carceri bielorusse per opporsi all’alleato più fedele di Putin in Europa.

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