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PARLIAMO DELLE REGIONALI IN LOMBARDIA

Grazie a tutti i volontari e le volontarie, i candidati e le candidate del centrosinistra, e a Pierfrancesco Majorino che si sono spesi senza sosta durante la campagna elettorale, visitando ogni angolo della Lombardia, per raccontare di una alternativa alla destra di Fontana. Ci siamo impegnati per un risultato diverso, e la rabbia e la delusione sono forti. Evidentemente quello che abbiamo fatto non è bastato, e bisognerà quindi cercare di capire cosa è andato male, per imparare da questa dura lezione.


Le cose sulle quali il PD e le opposizioni non sono stati all’altezza dell’impegno di chi ha lavorato per la campagna sono: - Il ritardo con cui si è scelto il candidato, di cui è responsabile chi ha gestito il PD in questa fase. - Il mancato coinvolgimento degli elettori: con le primarie il candidato o candidata presidente avrebbe avuto una spinta di legittimazione popolare che ci avrebbe aiutato nelle urne. - La divisione delle opposizioni. Affrettando la candidatura di Letizia Moratti, il Terzo polo ha fatto prevalere calcoli - sbagliati - di parte sulla necessità di trovare un accordo ampio per voltare pagina in Lombardia. La loro scommessa è stata punita dagli elettori. Con loro, però, ci hanno rimesso le opposizioni tutte, incluso il PD. Divisi, la partita è diventata per partecipare, non per vincere.


Per queste ragioni, penso che sia sbagliato leggere il risultato come un “il PD ha tenuto, siamo saldamente secondi”. E’ una illusione ottica dire che abbiamo tenuto perché la percentuale del PD è superiore a quella delle elezioni politiche. A Milano abbiamo perso il 40% degli elettori (già pochi) che ci avevano votato alle politiche. In tutta la Lombardia siamo riusciti a riportare alle urne meno del 60% di chi ci aveva votato alle politiche. Le grandi differenze tra provincia e provincia ci dicono che la scarsa affluenza non è un destino: per esempio a Brescia lo straordinario risultato personale di Emilio Del Bono con 35mila preferenze, aiuta il PD a riprendere più dell’80% dei voti delle politiche.

Che fare ora?


1. Non sbagliamo analisi. Solo chi conosce poco la nostra regione o cerca di segnare punti in altre contese può dire che in Lombardia si è perso perché si è inseguito troppo il centro e non si è fatta abbastanza la sinistra. Avevamo un candidato della sinistra interna, addirittura abbiamo fatto l’accordo con il M5S. Una proposta così spostata a sinistra non ha motivato gli elettori più della proposta speculare di D’Amato in Lazio. Perdiamo elettori perché parliamo di formule ideologiche, mentre dovremmo occuparci della condizione materiale delle persone, di quello che genera ansia e paura.

2. Rispettiamo gli elettori. Il Terzo polo in opposizione al PD ha preso meno voti percentuali che alle politiche. Gli elettori si sono resi conto che la scelta del Terzo polo di correre da soli era dettata da logiche altre rispetto alla Lombardia, e non li hanno votati.

3. Recuperiamo l’astensione. Il dato dell’affluenza così basso è per me il dato più importante di queste elezioni, persino più importante di chi ha vinto e chi ha perso. Tutti quei mancati elettori sono persone a cui non interessa il nostro continuo cicaleccio sulle alleanze. Sono elettori che vogliono una proposta politica chiara che parla a loro e con loro. Dobbiamo eleggere un segretario e metterci al lavoro per ritrovare la nostra funzione maggioritaria, senza sbandate identitarie che non portano un voto di più di quelli che tolgono. Per questo, il congresso del PD è fondamentale. In queste condizioni, il meglio che il PD offre è la candidatura di Stefano Bonaccini, solidamente socialdemocratica, popolare, su cui impegnarsi nei prossimi giorni fino alle primarie del 26 febbraio.

4. Per le prossime elezioni, bisogna prepararsi bene per tempo, senza dimenticare di coinvolgere i cittadini. Non c’è bravo candidato che possa con generoso impegno recuperare una scarsa preparazione del percorso elettorale.

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