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PERCHÉ IL CASO DI GIULIA CI FA PARLARE PIÙ DI ALTRI?

Questo fine settimana è arrivata la notizia che purtroppo tutte ci aspettavamo ma che nessuna voleva ricevere. Giulia Cecchettin, ragazza di 22 anni di Vigonovo (Venezia), è stata uccisa dal suo ex fidanzato Filippo Turetta, anche lui 22enne di Padova. Il suo corpo è stato trovato nella zona tra il lago di Barcis e Piancavallo, in provincia di Pordenone. Così Giulia Cecchettin si aggiunge ad una lunga, lunghissima, infinita lista di donne uccise in Italia. Da inizio anno sono 105. 105 donne uccise, di cui 83 da un proprio familiare, un ex compagno o un attuale fidanzato o marito. Quello di Giulia sembra purtroppo uno dei tanti casi di femminicidio a cui da anni assistiamo in Italia, eppure questa volta ci fa parlare di più. Come mai? Perché è la rappresentazione plastica di quello che tante donne dicono da sempre, ma che troppo spesso non è stato ascoltato. Filippo era un ragazzo "normale," si stava per laureare, veniva da una famiglia normale. Giulia pure. Non si parla di persone reiette della società, con poca educazione, con situazioni familiari di un certo tipo, non c'erano mai state denunce su precedenti violenze. Un'alta percentuale di femminicidi è compiuta da uomini che hanno avuto in precedenza denunce di violenze di vario genere, ma in questo caso non c'era questo elemento. Non c'era alcun segnale "particolare." Era una coppia di giovani come qualunque altra. Eppure, è successo lo stesso. Spesso parliamo di uomini che compiono violenze sulle donne come dei "mostri," dei pazzi, come delle persone con problemi psicologici gravi, malate. Uomini presi da "raptus" improvvisi e inspiegabili. Questa narrazione, alimentata spesso dai giornali, è ciò che spersonalizza i carnefici, che li rende lontani, che ce li fa percepire come qualcosa di diverso da quello che siamo noi. Invece sta tutto lì il punto. Non sono qualcosa di diverso da noi, sono il frutto perfetto della società che viviamo. "Lo stupratore non è malato, è il figlio sano del patriarcato." Forse questo caso rappresenta chiaramente quello che sta dietro a questo slogan. Cosa significa 'figlio sano'? Significa che Filippo non ha niente che lo renda diverso da altri, eppure l'ha fatto lo stesso. Significa che Filippo è un uomo come tutti gli altri. Un uomo il cui gesto estremo deriva da qualcosa che è alimentato tutti i giorni dalla società patriarcale in cui viviamo. Deriva da piccole o grandi violenze che passano sotto silenzio, da atteggiamenti sessisti e maschilisti che non hanno alcuna conseguenza, da dinamiche di potere che pongono la donna in posizione subalterna sul lavoro, in casa, o negli spazi pubblici. Deriva dalla mancanza di un’educazione al rispetto, alla libertà, all’affettività. Il suo gesto rappresenta l'incapacità degli uomini di affrontare la frustrazione che deriva dal rifiuto da parte di una donna. Filippo sarebbe potuto essere chiunque e prima lo si capisce, meglio è. Forse è proprio questo a farci paura questa volta: sentire che è così vicino. Non basta inasprire le pene, perché nel caso di Giulia e Filippo le leggi non sarebbero bastate. Non ci si può nascondere dietro alla retorica del "gli uomini non sono tutti così," perché nel caso di Giulia e Filippo non sarebbe servito. Non si può più pensare che sia una cosa lontana da ognuno di noi. Nessuno può sentirsi esentato quando una donna viene uccisa ogni tre giorni. Nessuno può rispondere solo di sé. È il momento che ognuno di noi si metta in gioco per sradicare le radici di questa cultura. Per questo, ci vediamo il 25 novembre in piazza.

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