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STORIA DI TRE PASSAPORTI

Chissà cos’avrà pensato il funzionario russo che lavora all’ufficio dei visti del consolato a Roma quando martedì scorso sul suo tavolo gli sono piombati tre passaporti: il mio, quello di Benedetto Della Vedova e di Ivan Scalfarotto, con la richiesta di un visto per poterci recare a Mosca, ai funerali di Alexey Navalny. Tre persone “note all’ufficio”, come ci è stato detto. Mi sembra di leggergli nel pensiero: “Cosa faccio con questi italiani? Mi è stato detto che odiano la Russia, e ora vogliono visitare il nostro paese? Come faccio a dirgli di no? Ma come faccio a dirgli di sì?”. Lo vedo lì alla scrivania, in confusione totale, a rigirarsi tra le mani i tre passaporti, incerto se chiedere istruzioni ai suoi superiori. Avrà poi deciso di infilare la pratica sotto le altre, chissà mai che il trascorrere del tempo il problema si risolvesse da solo. A distanza di 10 giorni, ben oltre i limiti previsti dalla legge, stiamo ancora aspettando un diniego o la concessione del visto.

Sembrerebbe che siamo incappati in un funzionario negligente, se non fosse che in una diversa occasione si è dimostrato efficientissimo. A fine febbraio, come ha raccontato Andrea Palladino su La Stampa, ha dovuto supervisionare le pratiche di visto per la Russia dell’ex deputato leghista Vito Comencini, dell’ex terrorista nero Maurizio Murelli, di Rainaldo Graziani, figlio del fondatore di Ordine nuovo, di Andrea Lucidi, il “reporter” con la Z sul braccio, di Eliseo Bertolasi, fondatore insieme a Gianluca Savoini dell’associazione Lombardia-Russia e di altri esponenti della variegata galassia italiana che naviga tra destra e filo-putinismo. Per permettere loro di partecipare al convegno del Movimento nazionale russofilo del guru putiniano Aleksandr Dugin, il funzionario consolare si è mosso come un vero professionista, con grande prontezza e gentilezza, ha messo i suoi timbri, ha consegnato diligentemente i visti, e ha fatto preparare una accoglienza calorosa.

Vorrei aiutare il funzionario dell’ufficio consolare russo a risolvere il suo dilemma lavorativo e dormire sonni tranquilli. Non c’è bisogno che chieda istruzioni ai suoi superiori. Il suo compito, chiaramente, non è quello di agevolare l’ingresso a chi vuole visitare la Russia o capirne il suo popolo. Lui è pagato per mettere i timbri sul passaporto solo di chi va ad omaggiare Putin. Con Della Vedova e Scalfarotto, abbiamo chiesto dei visti per onorare un eroe russo, Alexey Navalny, e per capire la Russia. Aspettiamo con fiducia i visti (o la restituzione dei passaporti).

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