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Votare Renzi non è obbligatorio


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Votare Renzi al congresso non è obbligatorio, mentre è cruciale partecipare al congresso e alle primarie. Questa secondo me la risposta più corretta da dare ai tanti, iscritti e simpatizzanti, che in questi giorni chiedono “Dammi una qualche buona ragione per votare Renzi”. Il disorientamento generato dalle dichiarazioni di alcuni leader nazionali insospettabilmente andati a ingrossare le file dei supporters del sindaco di Firenze è palpabile, infatti.

Ma non si fa un servizio al Partito Democratico a votare Renzi per forza. Al di là del fatto che esistono altre alternative, strutturate in proposte davvero articolate e ben argomentate. Troppe volte nella storia politica del centrosinistra si sono accettati, anzi subiti, cambiamenti di linea, di orientamento, alle volte persino di partito, senza discutere e metabolizzare cosa si stava facendo.

Se diamo un peso alle parole, essere Partito e essere democratici, significa fare della discussione, delle decisioni prese con metodo democratico una cifra caratterizzante la nostra offerta politica. Significa credere che, dopo una discussione, la sintesi che emerge è migliore della posizione di partenza. E quindi non ci sono buone ragioni obbligatorie per votare Renzi. Ci sono ottime ragioni per partecipare a un congresso e a delle primarie che devono aiutarci a capire come mai la proposta che la maggioranza di chi è venuto alle primarie ha ritenuto più meritevole di fiducia non ha poi avuto un riscontro nel risultato elettorale. Come mai il progetto di un’Italia giusta non ha convinto la maggioranza degli elettori.

Il congresso deve essere anche l’occasione per costruire un quadro di riforme esigenti per un paese che è rimasto bloccato in vent’anni di referendum su Berlusconi, e che non può più permettersi mesi di indecisione. Penso a tre grandi questioni che devono essere discusse perché riguardano il futuro dell’Italia. Il tema della competitività e attrattività del nostro sistema economico e produttivo: il fatto che nessuna delle nostre regioni sia inclusa nella classifica delle 100 regioni più competitive d’Europa secondo l’Unione europea e che l’Italia attragga un terzo degli investimenti diretti esteri che attrae la Francia e la metà di quelli che si dirigono verso la Germania pone la questione di una riforma radicale di quelli che sono i colli di bottiglia per gli investimenti. C’è poi la necessità di intaccare le rendite, in un paese in cui c’è chi pensa di poter continuare a vivere nelle pieghe di privilegi e posizioni di rendita, generalmente ingiuste e ancora più insopportabili a fronte dei cambiamenti avvenuti durante questa durissima crisi economica. E infine, bisogna ricreare un discorso nazionale di orgoglio, fiducia nelle capacità dell’Italia e dei suoi cittadini: non si esce da una crisi come questa senza ricreare uno spirito nazionale in cui riconoscersi.

La responsabilità di chi, con posizioni di dirigenza, ha votato Bersani, è questa: non votare Renzi solo “per tenere il partito unito”, ma anche dire dove si è sbagliato, nelle ricette delle stagioni di governo e nelle proposte delle stagioni di opposizione, per contribuire a una discussione che dia forza a una prospettiva di governo davvero convincente. Fare in modo che il percorso congressuale non sia un momento di discussione, fare la conta dei nomi, provare a riposizionarsi non è fare un servizio al PD e quindi neanche all’Italia.

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