Cosa vuole dire essere un partito del socialismo europeo mentre la Grecia si prepara ad affrontare nuovamente le elezioni politiche, le elezioni più europee che si possano immaginare? Si dice che la vera natura degli individui e quindi delle organizzazioni si chiarisca nei momenti di crisi. La stessa cosa dovremmo aspettarci dai partiti di sinistra europei, in particolare – non perché più europeo degli altri, ma per puro interesse casalingo – dal PD.
Il PD nel corso della sua breve ma complessa vicenda si è così tanto identificato con l’Europa che è riuscito a creare una nuova forma di aggregazione alla famiglia del socialismo europeo. Inoltre dalla sua fondazione si è impegnato a “contribuire a costruire e consolidare, in Europa e nel mondo, un ampio campo riformista, europeista e di centrosinistra, operando in un rapporto organico con le principali forze socialiste, democratiche e progressiste e promuovendone l’azione comune” (Dal Manifesto dei Valori del PD, 16 febbraio 2008). Alcuni dei suoi dirigenti più autorevoli hanno ricoperto o ricoprono importanti cariche nell’universo di Bruxelles.
Mentre le elezioni presidenziali francesi hanno visto un appoggio anche in prima persona di Pierluigi Bersani alla campagna elettorale di François Hollande, le prossime elezioni greche, con tutto quello che potrebbero comportare per il progetto europeista, non hanno fino ad ora registrato un’eguale partecipazione da parte del PD e a onore del vero di nessun partito dal convinto DNA europeista.
Se il PD è stato lungimirante nel capire già un anno fa che la destra europea ha aggravato la crisi e che il risultato delle elezioni francesi avrebbe determinato un cambio nell’asse rigorista franco-tedesco, non si può non notare l’assenza di peso o di pensiero del PD nella tragedia greca. Cosa potrebbe fare una forza politica non greca che crede nel progetto europeo di fronte al dilemma elettorale della Grecia? La domanda non è retorica, ma vorrebbe aprire una discussione all’interno del PD.
Certamente, per chi ha creduto e costruito l’Europa unita e l’euro, le tentazioni anti-euro della parte maggioritaria dell’elettorato greco, non possono che richiedere un maggior impegno. Che può forse anche passare da un impegno diretto nella campagna elettorale greca, così come è stato per quella francese? La classe politica greca è screditata, è vero, e in particolare lo è il PASOK. Ma in questa fase di pericolo estremo del progetto europeo, è imperativo spiegare all’elettorato greco, provato dall’austerità europea, i vantaggi della permanenza in Europa e i costi in termini di austerità di una possibile uscita dall’unione monetaria.
Trovare le parole e le modalità non è semplice. Ma la solidarietà tra europei è uno dei valori fondanti dell’Unione europea: abbiamo creato un’Unione perché pensavamo che insieme la politica è più forte. Non applicarla, non praticarla in tempo di crisi è negare l’utilità prima del progetto europeo. Continuare a essere forze politiche solo nazionali è uno sbaglio che può costare carissimo.
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