top of page

INTERVENTO DI ANNA FINOCCHIARO PER I FUNERALI DEL PRESIDENTE GIORGIO NAPOLITANO

"Aveva vent’anni nel 1945.

Ce lo possiamo figurare questo ragazzo, figlio della borghesia professionale, nella Napoli sfigurata

dai bombardamenti, in cui larghissima parte della popolazione conosce una miseria infame. Il

sindaco Fermariello in quell’anno comunica alla Prefettura che in città ci sono circa 200.000 senza

tetto. Una città devastata anche nella dignità, una Saigon mediterranea dirà La Capria e basta

“Napoli milionaria” a ricordarcelo.

Ma Napoli conosce un grande fermento di idee, e di passioni civili e politiche.

Giorgio Napolitano ha passione per la letteratura, il cinema, il teatro e frequenta Raffaele La Capria,

Francesco Rosi, Giuseppe Patroni Griffi e altri, studenti antifascisti, con i quali si ritrova a discutere

ed a leggere il Manifesto di Karl Marx.

Si iscrive al PCI nel dicembre del 45 e spiegherà di averlo fatto “per impulso morale, piuttosto

che per motivazioni ideologiche”, che erano ancora confuse e imprecise e sulla scorta di due

ragioni: il PCI è il partito che più ha combattuto il fascismo; il PCI si mescola al popolo. Proprio

così dice.

Due ragioni piane, e profonde.

Furono Amendola innanzitutto, Cacciapuoti, Sereni i suoi riferimenti di quegli anni, e Gerardo

Chiaromonte, cui resterà legato da amicizia "la più importante, la più intensa" della vita.

Comincia così la storia politica di Giorgio Napolitano, che sceglie di essere funzionario di partito,

piuttosto che avvocato come il padre. Storia che ha un punto irrinunciabile di partenza (ed una

ininterrotta prosecuzione) nella questione del Mezzogiorno, li dove più si manifesta “il senso della

necessità di un impegno concreto ad operare”. Lo aiutano in questo gli studi di politica

economica, che sin dalla tesi di laurea costruiranno la competenza che gli anni di lavoro nel partito

e in Parlamento metteranno a frutto.

Si mostrano subito qui due caratteri propri del suo impegno politico.

Il primo: la necessità che la conoscenza e la competenza siano a fondamento dell’analisi e della

proposta. Ne scrive nella prefazione a "I moniti all'Europa" di Thomas Mann "Non può esserci

politica, nella pienezza del suo significato e della sua efficacia, in assenza di serie basi e validi

strumenti culturali...". Il secondo: il pragmatismo, perché l'agire politico ha come fine quello di

mutare positivamente l'esistente.

Ancora qui, credo, sta un altro tratto del suo impegno, frutto di maturazione e di coraggioso

riconoscimento di errori: sfuggire all'ideologismo. A proposito della opposizione del PCI alla Cassa

per il Mezzogiorno dice "nonostante la volontà di giocare un ruolo nazionale, nel PCI

l'ideologia aveva ripreso i suoi diritti". Nell'intervista a Scalfari dirà che il compromesso storico

aveva avuto la debolezza di restare avvolto in un “involucro ideologico”, senza dichiararsi politica

di collaborazione di governo.

La sua collocazione e il ruolo dirigente nel PCI, in quella storia lunga, complessa e talvolta

contraddittoria di quel partito, che è stato il mio, può riassumersi col titolo della autobiografia

politica: dal PCI al socialismo europeo. In essa ritroviamo il senso politico dell'appartenenza all'area

riformista, la continua tensione alla ricomposizione di legami e interlocuzione col partito socialista

e con le socialdemocrazie europee, l'individuazione dell'Europa come "seconda patria".


Aderirà al Partito Democratico della Sinistra.

Ma Giorgio Napolitano è stato, sopra a tutto, parlamentare. I dirigenti politici consideravano più

importante l'impegno politico piuttosto che quello parlamentare. Lui vi si era invece "immerso",

perché lo considerava IL LUOGO per l'approfondimento e la riflessione sulle questioni, il confronto

tra forze politiche, la ricerca della migliore tra le transazioni per la cura dell'interesse collettivo e

perché credeva fermamente che nella qualità della rappresentanza risiede forza e autorevolezza del

Parlamento e delle istituzioni repubblicane. Garantire efficacia ed efficienza dell'agire istituzionale

per garantire la democrazia e per corrispondere alle esigenze del Paese resterà il suo continuo

monito, la sua ossessione. Ci tornerà nel discorso di insediamento del 2013: "non si può più', in

nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla

decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per

sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana".

Il suo primo impegno parlamentare è dedicato, ai temi economici; a partire dagli anni '70 si rafforza

quello in materia di politica estera, che lo rende interlocutore degli maggiori protagonisti della

scena politica internazionale.

Pochi ricordano poi che, sempre, farà riferimento alla questione politica del ruolo e della condizione

delle donne italiane.

È Presidente della Camera dal '92 al '94. Nel febbraio del 93 oppone l'immunità di sede alla Guardia

di Finanza delegata dalla Procura di Milano all'acquisizione di atti (peraltro già pubblici), nel

maggio convoca la Giunta per il Regolamento per rendere palese il voto sulle autorizzazioni a

procedere. Non serve commentare.

Sarà due volte Presidente della Repubblica, altri lo ricorderanno.

Io che con lui ho lavorato a lungo, anche con tempestosi scambi di opinioni (io che, più che le

tesissime telefonate, temevo le sue lettere, con scrittura tanto più puntuta e obliqua quanto più era

arrabbiato con me), posso dire in piena coscienza alla sua famiglia, ai tanti che come me l'hanno

profondamente rispettato e amato, ai suoi avversari che, anche con gli errori che sono dell'umano, il

Presidente Napolitano ha speso la sua vita per l'Italia, ed ad essa appartiene la sua memoria."

bottom of page