Per via dei vari tagli al welfare degli ultimi anni, dei medici che vanno in pensione e che non vengono sostituiti e della sanità territoriale che via via è sempre più affidata a enti privati, anche i consultori familiari sono in pericolo. Come spesso accade infatti sono le donne le prime a subire gli effetti di queste politiche.
Per legge sul territorio italiano ci dovrebbe essere un consultorio ogni 20mila abitanti. Ma il rapporto di 1 a 20.000, che già di per sé sembra scarso, non viene neanche lontanamente rispettato. L’ultimo censimento ufficiale (che risale al 2019) rivela che in tutto il territorio italiano ci siano soltanto 1800 consultori, ovvero il 60% in meno rispetto allo standard minimo previsto per legge. Questi poi sono distribuiti con una densità molto variabile a seconda delle regioni: 622 si trovano al nord, 382 al centro e 531 al sud. Si va dalla Valle d’Aosta che ha un consultorio ogni 10.500 abitanti, al Molise che ne ha uno ogni 66mila.
Da anni il numero di consultori attivi è costantemente calato: centinaia hanno dovuto chiudere e molti altri, pur non chiudendo definitivamente, sono passati sotto il controllo di enti privati e hanno modificato le loro funzioni. È sempre più raro infatti trovare un consultorio nel proprio quartiere che svolga la funzione per cui è nato: essere uno spazio gratuito, laico e accessibile dove ricevere servizi come l’interruzione volontaria di gravidanza, check up ginecologici generali o altre misure di prevenzione.
I consultori sono stati e sono tutt’ora luoghi essenziali per l’emancipazione femminile. Per molte donne infatti questi spazi rappresentano il primo approdo nella sfera sessuale-affettiva o in quella della maternità. Rappresentano un luogo dove confrontarsi, dove chiedere aiuto e dove sentirsi al sicuro. Oggi tutto questo è in pericolo. Spetta a noi, nel ripensare il servizio sanitario nazionale, partire proprio dalla sanità di genere e tutelare questi luoghi.
[Foto di Liliana Barchiesi - Consultorio comunale pubblico, Milano, 1977]
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